ONU: L’UE È “INVITATA SPECIALE” AL CONSIGLIO DI SICUREZZA

GD – Roma, 8 giu. 22 – Il 6 giugno scorso, alle 10 del mattino ora di New York, si è svolta una riunione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che per l’Unione Europea e le sue istituzioni ha rappresentato un passaggio significativo. L’evento merita di essere segnalato e offre due spunti di riflessione, uno più tecnico, legato al funzionamento e ai meccanismi di rappresentanza esterna dell’Unione, l’altro invece più squisitamente politico.
Sotto il primo profilo, è degna di nota la presenza stessa del presidente del Consiglio Europeo, Charles Michel, all’open briefing sulla situazione in Ucraina, organizzato dalla presidenza albanese del Consiglio di Sicurezza e incentrato sul tema delle violenze sessuali e della tratta di esseri umani nel contesto della guerra russo-ucraina. Michel è stato invitato ai sensi dell’art. 39 delle Provisional Rules of Procedures del Consiglio di Sicurezza, secondo il quale membri del Segretariato o altre persone ritenute competenti sugli argomenti in discussione possono essere invitate per fornire informazioni o prestare altra assistenza nell’esame di materie di competenza del Consiglio stesso. È evidente che il presidente del Consiglio europeo non ha preso parte alla riunione a titolo personale, come la lettera della disposizione citata lascerebbe intendere, ma nella sua veste di rappresentante dell’Unione europea, la quale, come noto, alle Nazioni Unite gode dello status di Osservatore Permanente dal 1974, rafforzato dal 2011 – all’Assemblea Generale. Mentre in questa sede, sempre dal 2011, il discorso del presidente del Consiglio Europeo, all’Assemblea Generale, in occasione dell’apertura della sessione annuale, a settembre, è ormai prassi consolidata e appuntamento imprescindibile, quella del 6 giugno è stata una primizia: per la prima volta dall’istituzionalizzazione del Consiglio Europeo, con il Trattato di Lisbona del 2007, in vigore dal 1° dicembre 2009, il suo presidente ha partecipato ad una riunione del Consiglio di Sicurezza.
Dal 2009, infatti, a parte la delegazione permanente dell’Unione Europea alle Nazioni Unite, solo l’Alto Rappresentante per la politica estera e di sicurezza comune ha, con regolarità, riferito all’organo onusiano sulla linea dell’Unione Europea, quale partner sostanziale nel perseguimento dei fini condivisi, nelle diverse questioni di politica internazionale. Il che appare in linea con la composizione stessa del Consiglio di Sicurezza, dove generalmente siedono i rappresentanti permanenti dei membri, che di solito hanno il rango di ambasciatori, sebbene sia previsto che vi possano intervenire anche Capi di Stato o di Governo.
Per norma e prassi, è con questi ultimi che il presidente del Consiglio Europeo interagisce abitualmente, rappresentando l’Unione Europea sia nei consessi internazionali allargati che negli incontri bilaterali o in formati poco più estesi. Pertanto, la ripartizione di competenze con l’Alto Rappresentante si gioca su un piano di scala gerarchica, quindi dai confini abbastanza definiti.
Questa volta, però, considerate le drammatiche circostanze degli ultimi mesi e visto lo straordinario coinvolgimento dell’Unione Europea in tali accadimenti, si è ritenuto di dover fare un’eccezione alla prassi e dare un ulteriore, forte segnale in un contesto, quello del Consiglio di Sicurezza, che al momento non può che limitarsi ad analizzare rapporti o raccogliere testimonianze, dovendo declinare, per causa del veto espresso dalla Russia, dalla sua primaria responsabilità del mantenimento della pace e della sicurezza internazionali.
La rappresentanza esterna dell’Unione Europea, poi, materia nella quale un ruolo molto importante è giocato anche dalla Commissione, soffre di una frammentazione istituzionale che si è talvolta tradotta in tensioni più o meno dissimulate fra i diversi incumbent (basti ricordare, quale caso estremo, l’episodio del cosiddetto sofa-gate, presunto incidente protocollare scatenato alla presenza di Erdogan nell’aprile 2021, fra Charles Michel e Ursula von der Leyen). È interessante notare, tuttavia, che una – rara – circostanza in cui essa ha trovato composizione si è verificata proprio in sede ONU, il 20 settembre 2021, quando il segretario generale Guterres ha ricevuto contestualmente i tre leader Michel, von der Leyen e Borrell. Un’analoga compattezza non si è avuta, ad esempio, in occasione della visita a Kiev nel mese di aprile, quando i tre rappresentanti hanno incontrato in momenti diversi il presidente Zelenski (von der Leyen e Borrell l’8 aprile, Michel il 20), probabilmente per ragioni di prudenza e di sicurezza, ma pur sempre fornendo la plastica raffigurazione della tanto deprecata cesura fra le due facce della medaglia europea, quella intergovernativa e quella sovranazionale.
Resta il fatto che la presenza di Michel al Consiglio di Sicurezza è un importante tassello, sia per l’Unione come per l’ attivismo e le ambizioni personali dello stesso Michel, in qualche misura placate dalla recente riconferma alla guida del Consiglio Europeo fino alla fine di novembre 2024.
Va sottolineato, però, che l’intervento del presidente del Consiglio Europeo non ha aggiunto grandi contenuti a quanto già noto, e cioè che, come purtroppo accade in altre regioni del mondo, anche in Ucraina la violenza sessuale e di genere è utilizzata come arma di ricatto sulle donne e sui più deboli, integrando in tal modo un brutale crimine di guerra che dovrà essere perseguito nelle sedi deputate, poiché l’impunità non è un’opzione.
Merita invece apprezzamento la forma diretta con la quale Michel, soprattutto nella seconda parte del suo speech, si è scagliato contro la Russia attraverso un sonoro j’accuse rivolto direttamente al rappresentante permanente, Vassilij Nebenzia, nel corso del quale, deviando dal tema principale dell’incontro, ha denunciato la strumentalizzazione delle forniture di cibo come arma letale, ha ribadito come la Russia si stia nascondendo dietro una menzognera propaganda e come la guerra, termine “vietato” da Putin, stia provocando disastri incommensurabili, attraverso un effetto domino che trascina verso il baratro l’intero pianeta e di cui Mosca, da sola, è responsabile. Tutti i media hanno riferito della reazione stizzita con la quale Nebenzia ha ceduto il suo posto a un altro diplomatico, abbandonando la sala riunioni per protesta contro le “bugie” che Michel stava dispensando. Mentre l’ambasciatore usciva dall’aula, Michel lo ha incalzato, dicendogli che è più facile allontanarsi che restare ad ascoltare la verità, atteggiamento che, aggiungiamo noi, generalmente configura un’ incapacità di confrontarsi con l’interlocutore, al limite della codardia.

Roberta Lucchini
Coordinatrice Dipartimento Studi e Formazione
Istituto Diplomatico Internazionale

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