I flussi migratori che caratterizzano il continente americano si sviluppano attraverso traiettorie piuttosto complesse nonostante le dinamiche più conosciute siano sull’asse Sud-Nord. Tra i Paesi centramericani, infatti, spicca la scelta di molti nicaraguensi che, invece di partire unicamente verso gli Stati Uniti come la maggior parte dei migranti dei Paesi vicini, decidono di attraversare il loro confine meridionale e cercare nuove possibilità in Costa Rica.
Questi due Stati dell’America centrale condividono la lingua, la religione cattolica e la presenza di una frontiera a tratti così friabile che facilita il traffico di chi si sposta per lavorare e torna nel proprio Paese in genere per visitare la famiglia.
Le origini di questo fenomeno risalgono già al secolo scorso, quando molti nicaraguensi partiti con l’obiettivo di lavorare alla realizzazione del canale di Panama decisero di fermarsi nella regione settentrionale costaricana, lavorando alla costruzione di nuove infrastrutture o nella crescente industria dell’export di banane.
Successivamente, questi movimenti sono aumentati in volume e frequenza, accelerati in particolare dal terremoto di Managua del 1972, dalla guerra civile tra gli anni ’70 e ’80 e dall’uragano Mitch del 1998.
Dagli anni ’90, la ricerca di migliori condizioni socio-economiche è la ragione principale che spinge via dal Paese una parte consistente della popolazione caratterizzata da un profilo abbastanza definito: si tratta per lo più di giovani in età produttiva (tra i 13 e i 40 anni) con un basso livello d’istruzione che cercano maggiori opportunità lavorative.
Di questi, più della metà è costituito da donne, le quali hanno un tasso di fecondità maggiore a quello della popolazione locale e che potrebbe eventualmente mitigare il problema dell’invecchiamento demografico del Costa Rica, dove vige lo ius soli.
Oggi, le aree del mercato più disponibili ad un loro inserimento sono quelle dell’agricoltura, dell’edilizia e del lavoro domestico, le quali offrono principalmente un’occupazione non regolarizzata che la maggior parte dei costaricani non è disposta a fare.
Meno del 5% dei migranti nicaraguensi ha un lavoro professionale in ambito scientifico e umanistico e solo una parte minima, si stima l’11% dei richiedenti asilo, ha un contratto di lavoro regolarizzato.
Proprio queste peculiarità fanno si che parte di chi viaggia con mezzi informali si sottragga alle stime ufficiali del monitoraggio di questi flussi.
Dal 2018, il Nicaragua sta affrontando una crisi socio-politica importante scaturita dagli scontri tra manifestanti e Forze Armate in occasione di un’annunciata riforma della Previdenza sociale del Presidente Daniel Ortega.
Nonostante i calcoli differiscano, si parla di approssimativamente 300 morti e un aumento della persecuzione per motivi politici che ha contribuito a portare, solo nel 2021, alla migrazione tra circa 120 mila e 140 mila persone.
Questo incremento potrebbe essere spiegato dalle chiusure dei confini per la pandemia e dall’avvicendamento della nuova Amministrazione statunitense che ha creato tante aspettative nei migranti.
Una complicazione fondamentale è data dal fatto che molti nicaraguensi devono andare via dal Paese illegalmente, per evitare di essere catturati dalle autorità di frontiera che possono decidere di prelevare i documenti di identità.
Tra questi: difensori di diritti umani, giornalisti, studenti che hanno partecipato alle manifestazioni del 2018, avvocati, detenuti e relativi familiari, leader politici e di movimenti sociali.
La Commissione interamericana dei diritti umani parla di repressione, clima di terrore e persecuzione, indirizzati verso chiunque sia considerato contro il governo.
Di conseguenza, l’interesse che esercita il Costa Rica si deve anche al suo status riconosciuto dalla comunità internazionale di Paese pacifico, dove il rispetto dei diritti umani e del processo democratico risaltano nel contesto di insicurezza in cui vivono molti Paesi centramericani.
Secondo l’International Organization for Migration (IOM), nel 2021 circa il 10% della popolazione residente in Costa Rica era costituita da immigrati provenienti principalmente dal Nicaragua (70-80%) dove risulta che l’11 % della popolazione sia attualmente fuori dal Paese: 720 mila persone su 6,6 milioni.
Le elezioni del 7 novembre 2021, boicottate dai movimenti d’opposizione e non riconosciute legittime da parte della comunità internazionale, hanno riconfermato il Presidente Ortega.
Ciononostante, un sondaggio di CID Gallup tra il 5 e il 13 dicembre scorso ha rilevato che il 65% degli intervistati migrerebbe e di questi il 62% per motivi economici. Mentre, il 21% per cercare un futuro migliore e solo il 6% per la situazione politica.
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