21 MAGGIO: GIORNATA MONDIALE DELLA DIVERSITÀ CULTURALE PER IL DIALOGO E LO SVILUPPO

Nel 2001, l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO) ha adottato la Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, con l’intento di dichiarare la cultura «patrimonio comune dell’Umanità”. Secondo la Dichiarazione, in una società multiculturale come quella moderna è necessario garantire «un’interazione armoniosa e una sollecitazione a vivere insieme di persone e gruppi dalle identità culturali insieme molteplici, varie e dinamiche». La risposta alla realtà delle diversità culturali dev’essere il pluralismo.
Riconoscendo il valore potenziale della cultura quale «mezzo per il raggiungimento della prosperità, dello sviluppo sostenibile e della coesistenza pacifica a livello globale», la Risoluzione A/RES/57/249, dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, adottata nel 2003 (https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N02/555/82/PDF/N0255582.pdf?OpenElement) ha proclamato il 21 maggio Giornata Mondiale della Diversità Culturale per il Dialogo e lo Sviluppo, in «eco alla Giornata mondiale per lo sviluppo culturale, commemorata durante il Decennio mondiale per lo sviluppo culturale». Il legame tra Cultura e Sviluppo Sostenibile a livello internazionale fu ulteriormente sancito nel 2015 dal Secondo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite attraverso la Risoluzione A/C.2/70/L.59. Questa riaffermò infatti il ruolo della cultura come «componente essenziale dello sviluppo umano», dichiarando la diversità culturale «fonte di arricchimento per l’umanità e un importante contributo allo sviluppo sostenibile delle comunità locali, popoli e nazioni». In particolare, si sottolinea il contributo della cultura a tre fondamentali dimensioni dello Sviluppo Sostenibile: sviluppo economico inclusivo, sviluppo sociale inclusivo e sostenibilità ambientale.

Esempio di diversità culturale: il caso del Ciad

Nel 2013, l’accademico tedesco Erkan Gören, nel suo studio intitolato “Economic Effects of Domestic and Neighbouring Countries’ Cultural Diversity”, ha analizzato la diversità culturale di oltre 180 paesi, con l’intento principale di individuare le conseguenze economiche da essa provocate. Servendosi di un nuovo algoritmo informatico ed integrando l’Indice di Greenberg (GI, l’indice di diversità linguistica), Gören è riuscito ad elaborare una classifica dei diversi paesi per diversità culturale. Basandosi sulle informazioni ottenute sull’etnia e sulle somiglianze linguistiche tra i gruppi etnici principali di ciascuna nazione, lo studioso ha attribuito un punteggio compreso tra 1 (paese altamente diversificato culturalmente) e 0 (paese culturalmente omogeneo).
Secondo l’analisi di Gören, con un indice di diversità culturale di 0,8514, la Repubblica del Ciad risulta essere la nazione più culturalmente variegata al mondo, dove convivono oltre 200 diversi gruppi etnici e linguistici. In effetti il CIA World Factbook (2014) ha confermnato l’elevato grado di diversità etnolinguistica nel Ciad, con 200 etnie e più di 120gruppi linguistici.
Il paese, nel cuore del continente africano e al centro del Sahara, è un vero e proprio “caleidoscopio di popoli” di diversa origine. Il territorio si può dividere in tre zone differenti: il deserto del Sahara al Nord, la Savana del Sahel nella parte centrale e i fertili bassopiani del sud. Quasi la metà della popolazione occupa la parte meridionale. Le popolazioni del sud e del sud-ovest tendono ad essere sedentarie, mentre il nomadismo era più diffusa nella zona sahariana.
Il gruppo etnico maggioritario è quello dei Sara, originario del Ciad meridionale e costituisce circa il 30,5% dell’intera popolazione. Inoltre, sul territorio sono presenti le minoranze dei ciadiani arabi (suddivisi in Juhayna, Hassuna e Awlad Sulayman), il gruppo Daza (composti da oltre 12 tribù), i Mayo-Kebbi e la popolazione Kanembu. Il resto della popolazione è formata da ulteriori etnie quali Ouaddai, Hadjarai, Tandjilé e tanti altri.

La pluralità culturale del paese può essere attribuita al Lago Ciad, il quale ha contribuito ad attrarre diversi popoli grazie alla fertilità delle terre che lo circondano. Situato nella zona Saheliana dell’Africa centro-occidentale, tra Ciad, Camerun, Niger e Nigeria, il Lago fornisce risorse idriche ed ittiche, necessarie per l’agricoltura e il pascolo, per oltre 30 milioni di persone dei paesi circostanti. Il lago è stato per secoli un punto di passaggio ineludibile nei commerci tra l’Africa subsahariana e i paesi della sponda meridionale del Mediterraneo. I continui scambi tra i popoli hanno permesso all’area di diventare un luogo di convivenza e di reciprocità tra le diverse etnie. Non a caso, nel 1964, il lago Ciad ha assunto uno statuto internazionale, in quanto da esso dipendeva il fragile equilibrio economico e sociale dell’intera zona. La Commissione per il Bacino del Lago Ciad (LCBC) è stata creata in seguito alla Convenzione di Fort-Lamy dai capi di stato dei paesi affacciati sul lago, ovvero Camerun, Niger, Nigeria e Ciad. La Repubblica Centrafricana vi ha aderito nel 1996 e la Libia nel 2007, mentre ne sono Stati osservatori il Sudan, l’Egitto, la Repubblica del Congo e la Repubblica democratica del Congo. La struttura di consultazione ha l’obiettivo principale di coordinare e risolvere pacificamente le controversie legate all’area. La diplomazia nell’area risulta fondamentale soprattutto in questo momento storico nel quale il Lago Ciad sta attraversando una grave situazione di crisi: la diminuzione dell’estensione del lago a causa delle scarse precipitazioni e l’uso eccessivo dell’acqua viene spesso associata ad una pronunciata crisi socioeconomica. «Infatti, alla difficile situazione sotto il profilo dell’approvvigionamento idrico, della desertificazione e della mancanza di sviluppo economico si sommano una serie di questioni politico-amministrative che rendono il bacino di questo lago una delle aree più inospitali del mondo».

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