Non solo “Recovery”, occorre anche un “Vaccination fund” per finanziare l’immunizzazione delle popolazioni più povere, che i Paesi più ricchi dovranno creare nel loro stesso interesse. Lo ha scritto a chiare lettere, in un bell’intervento sul “Guardian” di ieri (https://www.theguardian.com/commentisfree/2021/apr/12/g7-global-vaccination-covid?CMP=Share_iOSApp_Other) l’ex primo ministro britannico Gordon Brown, dal 2012 inviato speciale delle Nazioni unite per l’Educazione globale.
“Allo stato attuale – scrive Brown – i paesi ricchi che rappresentano il 18% della popolazione mondiale hanno acquistato 4,6 miliardi di dosi, il 60% degli ordini confermati. Ad oggi sono stati somministrati circa 780 milioni di vaccini, ma meno dell’1% della popolazione dell’Africa subsahariana ha avuto l’inoculazione. L’immunizzazione dell’Occidente, ma solo di una frazione del mondo in via di sviluppo, sta già alimentando le accuse di “apartheid da vaccino”, e lascerà il Covid-19 a diffondersi, mutare e minacciando le vite e il sostentamento di tutti noi per gli anni a venire”. Il problema, beninteso, non sta tanto nella produzione dei vaccini, quanto nella scarsità di denaro per pagarli. Né la “diplomazia dei vaccini”, con i Paesi produttori che usano le fiale come strumento geopolitico, né la (temporanea) rinuncia far valere i brevetti per consentire ai Paesi più poveri di avviare produzioni proprie rappresentano, secondo l’ex inquilino di Downing Street, la soluzione di cui il mondo ha bisogno, che deve essere rapida (bisognerà vaccinare ogni anno finché la malattia non sarà domata) e può apparire costosa: 30 miliardi di dollari, valuta Brown, e aggiunge che al momento nessuno sembra disposto a sottoscrivere questa cambiale. Non farlo però sarebbe un grave errore. Quei 30 miliardi sono meno del 2 per cento del piano di Biden per gli Stati Uniti (American rescue plan act). Secondo il think tank Eurasia Group, l’”equo accesso globale” ai vaccini genererà, da qui al 2025, benefici economici per le maggiori economie pari a circa 466 miliardi di dollari. Benché la pandemia abbia ridotto del 30 per cento, lo scorso anno, gli aiuti diretti dei paesi più ricchi a quelli più poveri, è nell’interesse delle economie avanzato (a parte le ovvie considerazioni morali) istituire e alimentare anno per anno il “Vaccination fund”.
Il ragionamento di Brown, a quanto è dato sapere, è già stato fatto proprio dagli sherpa che stanno preparando il summit del G7 (11-13 luglio) nel Regno Unito e quello del G20 a presidenza italiana di ottobre, che sarà preceduto, sempre a Roma, dal World health summit. Sul tema sta lavorando intensamente, per analizzare lo scenario prospettato da Brown, anche il Fondo monetario internazionale. Insomma: a giugno, o al massimo entro la fine dell’anno vedremo chi metterà mano al portafoglio. Se il G7 si dichiarerà disposto, Cina, Russia e gli altri Paesi seguiranno. In tal caso, l’Italia potrebbe contribuire per il 4 per cento del costo totale del Vaccination fund. Sarebbero soldi spesi bene.