Nel mondo sono circa 640 milioni le ragazze date in sposa prima del raggiungimento della maggiore età, circa 12 milioni l’anno. Lo afferma l’ultimo rapporto del Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia, pubblicato nei giorni scorsi e intitolato “Is an End to Child Marriage within Reach? Latest trends and future prospects 2023 update” (UNICEF, https://www.datocms-assets.com/30196/1683096947-is_an_end_to_child_marriage_within_reach.pdf). Sebbene la quota globale delle spose bambine sia passata dal 23% al 19% nell’ultimo decennio, una ragazza su cinque, di età compresa tra i 20-24 anni, risulta essersi comunque sposata prima dei 18 anni. Non mancano tuttavia i casi di “sposi bambini”, anche se numericamente molto inferiori rispetto alle femmine.
I “matrimoni precoci”, ovvero le unioni (formalizzate o meno) con o tra minori, sono una chiara violazione dei loro diritti fondamentali. Una volta sottratti alle reti di protezione familiare, aumenta fortemente il rischio che subiscano violenze, abusi e sfruttamento. Queste unioni contravvengono ai principi sanciti in numerose convenzioni, tra cui il diritto alla libertà di espressione e il diritto alla protezione dagli abusi e sfruttamenti previsti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia (in vigore dal 1990, https://www.ohchr.org/sites/default/files/crc.pdf), e il diritto al pieno consenso al matrimonio riconosciuto nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (adottata nel 1948, https://www.un.org/sites/un2.un.org/files/2021/03/udhr.pdf). Oltretutto i matrimoni imposti influiscono negativamente sullo sviluppo psicofisico dei giovani coinvolti: ostacolano l’accesso all’istruzione, portano inevitabilmente a gravidanze premature e pericolose per le bambine e a pressioni economiche da “capofamiglia” per i maschi.
Dal punto di vista della diffusione geografica del fenomeno, il rapporto UNICEF afferma che «quasi la metà della spose bambine vive in Asia meridionale (45%), mentre la quota maggiore successiva si registra nell’Africa subsahariana (20%), seguita dall’Asia orientale e dal Pacifico (15%) e dall’America Latina e dai Caraibi (9%)». Nonostante l’Asia meridionale sia l’area dov’è più accentuato il processo mondiale di riduzione dei matrimoni infantili, la regione «ospita ancora il maggior numero di spose bambine, sia per l’eredità di una pratica secolare che per l’ampia popolazione della regione».
Degno di nota è il caso indiano: benché i matrimoni precoci siano sempre meno frequenti, nella sola India troviamo un terzo del totale globale delle spose bambine, una quota pari a quella dei dieci paesi che seguono in classifica. Nella maggioranza dei casi sono bambine appartenenti a famiglie povere, poco istruite e che vivono in zone rurali. Nonostante le conseguenze negative, spesso le famiglie percepiscono il matrimonio precoce come una soluzione “protettiva” per le ragazze, in grado di tutelarle economicamente e socialmente.
In realtà, l’eliminazione del matrimonio prima dell’età adulta è necessaria “per garantire i diritti delle bambine in tutto il mondo”, e per questo motivo è stata inserita nell’Agenda 2030 dello Sviluppo Sostenibile (2015, A/RES/70/1, https://documents-dds-ny.un.org/doc/UNDOC/GEN/N15/291/89/PDF/N1529189.pdf?OpenElement). Ciononostante, spiega il rapporto, l’attuale ritmo di declino è insufficiente per raggiungere gli obiettivi previsti per il 2030. Infatti, lo studio mostra come ai livelli correnti, oltre 9 milioni di ragazze continueranno ancora a sposarsi in minor età nel 2030, soprattutto nella regione Subsahariana dove la crescita demografica è sostenuta.