Quanto siamo dipendenti dal gas russo? Le tensioni al confine Ucraino e gli effetti su Italia e Europa

Forti tensioni tra Mosca e Kiev hanno portato i prezzi del gas alle stelle, ne risentono Italia e Paesi europei.

L’ Italia si è trovata a fare i conti con una crisi energetica già ad inizio di quest’anno, con effetti negativi non solo sul governo e le imprese ma anche sui consumatori.

La situazione, sicuramente inasprita dalla crisi diplomatica provocata dalla possibilità di un’invasione russa dell’Ucraina, ha portato i prezzi del gas alle stelle, con effetti importanti sui paesi importatori.

L’Italia è uno di quelli a risentirne maggiormente essendo fortemente dipendente dal gas russo.

I rapporti tra l’Italia e la Russia si sono, sin dall’inizio, sviluppati nella dimensione culturale poiché gli architetti e artisti italiani contribuirono particolarmente alla progettazione di chiese ortodosse e monumenti tra il XV e il XVI secolo, lasciando un’impronta europeista.

Durante la prima e la Seconda Guerra Mondiale i rapporti seguirono linee diverse per poi arrivare alla ripresa del dialogo in piena Guerra fredda, quando il Presidente della Repubblica italiana Giovanni Gronchi (1955-1962) fu il primo capo di stato di un Paese del blocco occidentale a recarsi a Mosca nel dopoguerra (1960).

In quello stesso anno, l’Ente Nazionale Idrocarburi (ENI) firmava il primo grande accordo di forniture petrolifere con il governo sovietico. Quest’ultimo, di grande valenza storica, fu seguito da altri importanti accordi commerciali sottoscritti da Pirelli, Fiat, Montecatini, Snia Viscosa, Olivetti, Chatillon, e ancora Eni (sul fronte gas). Successivamente, altri Stati europei strinsero accordi con la Russia, considerata la più grande riserva mondiale di gas naturale.

Secondo gli ultimi dati Eurostat disponibili, nel 2019, l’Unione Europea importava il 41,1 % del suo gas naturale dalla Russia.

E, secondo l‘Oxford Institute for Energy Studies, nel 2021, il 22% del gas consegnato dalla Russia all‘Europa e la Turchia è passato attraverso l‘Ucraina.

Inoltre, il Ministero della Transizione Ecologica ha rilevato che, nel 2020, il 43,3% del gas naturale importato dall’Italia proveniva dalla Russia, primo fornitore di gas nel paese: il gas naturale corrispondeva al 31 %del totale dell’energia consumata nel paese, mentre il gas naturale usato per la produzione interna corrispondeva a meno del 10 % del totale.

In Europa la situazione è più varia, ma la dipendenza dal gas russo è comunque notevole.

Dopo l’Italia il Paese più esposto è certamente la Germania, che importa dalla Russia circa la metà del suo gas, mentre in altri Paesi più piccoli, come l’Austria e la Slovacchia, la dipendenza è ancora maggiore.

La Francia è invece relativamente meno esposta, soprattutto grazie al suo ampio uso dell’energia nucleare.

Secondo il direttore esecutivo dell’Agenzia Internazionale dell’Energia la scelta di Mosca sarebbe intenzionale: la Russia starebbe “trattenendo almeno un terzo del gas che poteva inviare in Europa” in risposta all’appoggio dato all’Ucraina.

Con l’ulteriore aumento dei consumi e degli investimenti, nel 2021, e altri fattori che hanno contribuito a un moltiplicarsi per quatto o cinque volte del prezzo del gas naturale in Europa nella seconda metà dell’anno scorso.

Tuttavia, come l’Europa ha bisogno del gas russo, la Russia ha bisogno delle enormi entrate che ottiene dalla sua vendita. Il commercio di idrocarburi è per lei fondamentale.

Petrolio e gas sono infatti i due principali prodotti che esporta all’estero senza i quali la sua già debole economia perderebbe slancio. Secondo l’OCSE, circa il 40 per cento del budget dello stato russo dipende dalle esportazioni di petrolio.

È per questo che, benché l’Europa dipenda dal gas russo ormai da decenni, il Paese non ha mai interrotto le sue forniture, nemmeno nei periodi più conflittuali della Guerra fredda.

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