IDI's YOUTH

IDI’s YOUTH is the project of the International Diplomatic Institute dedicated to young graduates and their involvement in the direct activities of the Institute. IDI’s YOUTH aims to give young participants the opportunity to promote their ideas in direct participation in the development of the Institute’s activities. In this section, the degree theses of the young people of the IDI’s YOUTH team will be published.

Global studies

Il ruolo di una migrazione sostenibile nel raggiungimento degli SDGs Target e Indicators utilizzando l'approccio del Systems Thinking e la metodologia del System Dynamics.

Agenda setting mediatico tra guerra e pace: il referendum colombiano sull'accordo di pace tra FARC e Santos

European studies

L'Unione Europea e il Marocco: un partenariato complesso nell'area mediterranea

Il deficit demografico dell'Unione Europea: origine e conseguenze

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Caso studio: le cause e gli effetti dei flussi migratori nel corridoio Albania-Italia

Il flusso migratorio nel corridoio italo-albanese, e in particolare la migrazione per motivi di lavoro, rimane oggetto di interesse non solo per scopi di ricerca e di politiche ma anche come strumento per ottimizzazione lo sviluppo umano in entrambi i paesi. Dagli anni ’90, la migrazione è uno dei fenomeni sociali ed economici più importanti in Albania e l’Italia si considera ancora una destinazione preferita. Per questo motivo i flussi migratori continuano ad essere una priorità nell’agenda delle relazioni bilaterali tra Albania e Italia.

Di recente è stato mostrato un maggiore interesse verso il ruolo della migrazione come un importante motore avente notevole impatto sugli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDGs).

L’obiettivo di questo studio è analizzare il fenomeno della migrazione tra Albania e Italia evidenziando la relazione e l’influenza del flusso migratorio in alcuni obiettivi e indicatori degli SDGs attraverso un approccio di Systems Thinking (ST) e applicando la metodologia del System Dynamics (SD). Tramite questi due strumenti si vuole proporre un nuovo strumento per comprendere come il flusso migratorio tra l’Albania e l’Italia abbia un impatto sui sistemi economici e sociali dei due paesi.

La metodologia applicata segue un approccio che consente lo studio del fenomeno migratorio considerandolo come parte di un sistema complesso. L’approccio ST permette di analizzare il fenomeno migratorio integrando nella stessa analisi un insieme di variabili quantitative e qualitative che vengono scelte per influenzare e definire questo fenomeno.

Il metodo SD è stato applicato per sviluppare un modello che integri un insieme di variabili, selezionate prioritariamente poiché influenzano direttamente o indirettamente i flussi migratori. I metodi SD creano la possibilità di essere utilizzati per l’analisi dei dati anche in intervalli di tempo definiti, quindi possiamo vedere il comportamento, l’impatto e i cambiamenti delle variabili tra loro se impostiamo un tempo. Questo ci consente di fare previsioni sugli effetti e di essere in grado di determinare politiche appropriate. Ispirato dall’ampio uso di questi approcci e metodologie ben noti nella letteratura internazionale, questo studio mira anche a :

● Suggerire che l’approccio ST e la metodologia SD sono appropriati per analizzare e comprendere il fenomeno della migrazione tra Albania e Italia.

● Presentare valide conclusioni per stimolare la ricerca e il discorso politico sui temi di interesse, adattandosi in particolare ai requisiti derivanti dall’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile. 

Giorno dopo giorno veniamo bombardati da una quantità enorme di informazioni da parte dei media. Informazioni che ci servono per comprendere il mondo che ci circonda, rimanere costantemente aggiornati e crearsi un’opinione in merito a ciò che osserviamo. La funzione dei media in questo contesto è fondamentale, ma spesso non siamo in grado di percepire in che misura essa possa essere trainante per la società odierna. La capacità di influenzare determinate scelte è facile da analizzare in media che si espongono apertamente, ma non sempre ciò avviene.
In altri casi, infatti, pur non schierandosi in maniera evidente, i giornali e le emittenti televisive riescono comunque ad attuare una forma di influenza indiretta, tramite quei processi che vengono definiti di Agenda Setting, ovvero il modo in cui i media trasmettono gli argomenti al pubblico tematizzandone con più enfasi determinati aspetti, gerarchizzandoli in base alle proprie priorità o addirittura omettendone altri. Lo studio di questa tesi cerca proprio di analizzare i modi operandi di questi media in un contesto pratico: l’esito totalmente inaspettato del referendum colombiano in merito alla conferma dell’accordo di pace siglato tra il presidente Juan Manuel Santos e la guerriglia delle FARC nel 2016.

Abstract

L’area di studio si focalizza sul ruolo che l’Unione Europea ha giocato nell’area mediterranea utilizzando il suo soft power per promuovere il dialogo sociale, economico e politico con i paesi terzi mediterranei, tra cui il Marocco.

Tuttavia, lo studio iniziale del loro complesso quadro cooperativo ha portato ad alcune osservazioni importanti, vale a dire il fatto di avere come priorità chiave la creazione di una forte cooperazione economica e commerciale. In effetti, il loro obiettivo di raggiungere una certa liberalizzazione dei flussi commerciali stabiliti nell’ambito del primo accordo di associazione del 1969 e dell’accordo di cooperazione del 1976 ostacolato dalle disuguaglianze di fatto dei due partner, così come dall’atteggiamento protezionista dei paesi europei nel settore industriale e dal carattere protezionista della PAC, è stato finalmente raggiunto nel contesto del PEM e la firma dell’accordo di associazione nel 2000. Quest’ultimo ha spostato gli scambi commerciali tra i due a un livello superiore con la creazione di una zona di libero scambio volta a eliminare le tariffe doganali e raggiungere la liberalizzazione del commercio di prodotti agricoli e industriali. Inoltre, nell’ambito della PEV, che ha garantito la base di un partenariato privilegiato, il Marocco ha acquisito lo statuto avanzato nell’UE permettendo il suo graduale accesso al mercato interno e la sua partecipazione alle riunioni del Consiglio europeo. Inoltre, la seconda parte dello studio sottolinea l’importanza della loro cooperazione nella gestione dei flussi migratori irregolari nel Mediterraneo occidentale, essendo il Marocco uno dei paesi più esposti al transito di migranti subsahariani e nazionali diretti verso il continente europeo. Dalle conclusioni del Consiglio di Tampere del 1999, l’UE ha sottolineato la necessità di rafforzare i dialoghi regionali. In particolare, nel 2006 il dialogo euro-africano sulla migrazione e la mobilità, noto anche come processo di Rabat, è stato stabilito con l’obiettivo di rafforzare il dialogo tra le autorità nazionali dei paesi di origine, di transito e di destinazione lungo le rotte migratorie dell’Africa occidentale e centrale. Tuttavia, la limitata efficacia dell’iniziativa è stata dovuta principalmente alla mancanza di partecipazione dell’Algeria a causa delle tensioni diplomatiche con il Marocco. In seguito, il Partenariato per la mobilità volto a migliorare i negoziati politici bilaterali sulla mobilità con l’obiettivo di raggiungere un accordo di riammissione. Tuttavia, l’istituzione degli accordi europei di riammissione (EURA) costituisce una parentesi critica della cooperazione UE-Marocco sul controllo delle migrazioni a causa della continua opposizione del Marocco. Lo studio rivela tre ragioni: i costi di attuazione e il rischio di perdere le rimesse, la clausola dei paesi terzi e le preoccupazioni del Marocco sulle ripercussioni negative per le sue relazioni con i paesi d’origine e la sua paura di perdere il sostegno dei vicini africani nella sua contesa territoriale del Sahara occidentale e per finire e soprattutto l’atteggiamento del Marocco di sfruttare le migrazioni come strumento indiretto di politica estera. Infatti, in molte situazioni il Marocco ha ripetutamente minacciato di allentare i controlli alle frontiere come strumento di contrattazione per favorire i suoi interessi economici, territoriali e diplomatici. Un chiaro esempio è la recente crisi migratoria a Ceuta e Melilla provocata dall’allentamento volontario del controllo delle frontiere del Marocco in risposta alle cure mediche fornite dalla Spagna al leader del Fronte Polisario, riaprendo così la questione delle rivendicazioni del Sahara Occidentale, pretesto per chiedere un’azione europea. Da allora, il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha ricordato la necessità di adottare un nuovo patto sulle migrazioni con i paesi di transito e d’origine e la necessità di ridefinire le relazioni UE-Marocco sulla base della fiducia reciproca e dell’impegno comune. Come risultato di un approfondito studio del loro quadro di cooperazione: quali raccomandazioni future per le relazioni UE-Marocco? Si evidenzia la necessità di progredire nei settori più fragili del loro partenariato. Da un lato, sarebbe importante per il Marocco sfruttare il suo statuto privilegiato nell’UE, come uno dei più grandi beneficiari di fondi comunitari nell’ambito della politica europea di vicinato per garantire ai suoi cittadini una crescita democratica ed economica effettiva. Inoltre, cooperare efficacemente come attore chiave nella gestione della migrazione. D’altra parte, l’UE dovrebbe migliorare le sue clausole di condizionalità e allo stesso tempo utilizzare un approccio più incentrato sull’uomo piuttosto che sull’economia: un “approccio people to people” per valutare i principali problemi del paese come l’analfabetismo, la disoccupazione e la fuga di cervelli. Inoltre, per quanto riguarda la questione del Sahara occidentale, l’UE non deve essere un osservatore passivo ma dovrebbe sfruttare la situazione per diventare un mediatore nella risoluzione del conflitto in modo da ottenere credibilità internazionale e dimostrare il “potere normativo” che vuole essere, chiedendo alla comunità internazionale di prendere le misure necessarie per portare il Marocco in linea con il diritto internazionale.

Abstract

L’Unione Europea come sistema politico riconoscibile e riconosciuto è oggi più che mai sotto accusa. Insieme agli attacchi da parte delle forze istituzionalizzate più scettiche, si percepisce un generico atteggiamento di sospetto e disapprovazione dei cittadini europei nei confronti del progetto di integrazione. E’ possibile individuare una causa di questa mancanza di legittimità nel cosiddetto deficit democratico dell’Unione Europea, argomento su cui il dibattito si è acceso a partire dalla fine del secolo XX e che ne ha esacerbato i toni durante e dopo la gestione della crisi dell’Eurozona. La tesi qui proposta mira a riprendere le fila del dibattimento in letteratura che vede posizioni favorevoli e contrarie all’esistenza del deficit e alla definizione delle sue origini e caratteristiche, organizzando un’esposizione lineare. Inoltre, l’elaborato ha come obiettivo tracciare un nesso tra la carenza del sistema politico europeo in relazione a standard democratici accettati e la percezione di diffidenza nei confronti dell’intera struttura sovranazionale che ha portato negli ultimi anni ad un costante aumento di supporto per quei partiti in aperta sfida con l’establishment europeo e nazionale.