ANKARA VAL BENE UN SOFA’

 È stata straordinaria la copertura riservata sui mass media italiani e stranieri all’incontro ad Ankara tra il presidente turco Recep Tayyip Erdogăn, il presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen. E ciò non tanto per il contenuto dei colloqui, che pure erano assai rilevanti in quanto comprendevano, tra l’altro, la questione del rispetto dei diritti umani in Turchia, a meno di due settimane dall’annuncio (20 marzo) della denuncia da parte della Turchia della convenzione del Consiglio d’Europa sulla prevenzione e la lotta contro la violenza di genere e la violenza domestica, firmata ad Istanbul nel 2011.
L’attenzione si è appuntata, invece, su una questione attinente al protocollo della visita, in particolare sul fatto che, nel salone del palazzo presidenziale, mentre Erdogăn ha fatto sedere Michel sulla poltrona d’onore alla sua destra, con le rispettive bandiere alle spalle, la von der Leyen ha preso posto su un divano, alla destra di Michel, mentre di fronte a lei, su di un altro divano, alla sinistra di Erdogăn, si è seduto il ministro degli Esteri, Mevlüt Çavuşoğlu.
Si è parlato, al riguardo, di incidente diplomatico, definito “Sofàgate” per le modalità dell’incontro, il cui video è rapidamente diventato virale. Vi si nota che, mentre i due uomini si accomodano con disinvolta noncuranza, la von der Leyen resta in piedi senza nascondere l’imbarazzo e, anzi, si percepisce chiaramente da parte sua un “Ehm”. Una sommessa esclamazione con cui ha espresso chiaramente il proprio disagio e l’incertezza su dove prendere posto, prima di essere fatta accomodare sul divano, a diversi metri dalle due poltrone d’onore.
Unanime è stato il coro di critiche. In Italia, ad esempio, ha unito praticamente tutti i partiti, come non è accaduto neppure di fronte alla pandemia che ha superato i centomila morti. Il comportamento di Erdogăn è stato definito marcatamente sessista per avere apparecchiato “due poltrone per tre”; Michel è stato criticato per non aver sottolineato lo sgarbo e non aver fatto il gesto, per rimediare, di cedere la propria poltrona alla von der Leyen. Neanche la presidente della Commissione Europea è uscita indenne: ad avviso di qualche commentatore, avrebbe dovuto addirittura lasciare la riunione.
A valle dell’incontro, il portavoce della Commissione Europea, Eric Mamer, ha affermato che la presidente, pur “chiaramente sorpresa”, come emerge dal video, “ha preferito dare la priorità alla sostanza piuttosto che alle questioni di protocollo o di forma”, rilevando che “questo è certamente ciò che i cittadini dell’UE si aspettavano da lei”. Ed ha aggiunto che “ci metteremo in contatto con tutte le parti coinvolte per garantire che non succeda nuovamente in futuro”, sottolineando che il rango della von der Leyen “è lo stesso” di quello di Michel, il che avrebbe richiesto che i due presidenti europei sedessero “esattamente allo stesso modo”.
Quanto a Michel, in un lungo post pubblicato nella tarda serata di ieri sulla propria pagina Facebook, dopo aver ricordato che “la stretta interpretazione da parte turca delle regole protocollari ha prodotto una situazione desolante”, si è difeso affermando che sul momento, pur rendendosi conto della spiacevolezza della situazione, ha preferito non creare un incidente pubblico, proprio all’inizio dell’incontro, e si è detto addolorato che taluno abbia pensato ad una sua indifferenza per la “goffagine procedurale” nei confronti della von der Leyen. La sua difesa non ha peraltro sortito alcun effetto, come prova l’impressionante numero di commenti negativi ricevuti.
A costo di andare controcorrente ed essere, a mia volta, accusato di machismo, vorrei chiarire quali sono le regole applicabili e se esiste una prassi alla quale fare riferimento.
Le regole, anzitutto. Trattandosi di una visita dei leader europei in uno Stato terzo, l’organizzazione spetta al servizio del cerimoniale dello Stato in questione, che sulle precedenze, quindi, segue le proprie regole. La visita è stata comunque preparata attraverso il coinvolgimento attivo della delegazione dell’Unione Europea ad Ankara, che nello specifico svolge le funzioni tipiche di una missione diplomatica. Il capo delegazione, Nicolaus Meyer-Landrut, che ha rango di ambasciatore, è un diplomatico tedesco, con oltre 30 anni di servizio. Prima di essere distaccato al Servizio europeo di azione esterna e nominato capo delegazione ad Ankara, è stato ambasciatore a Parigi (2015-2020), e, precedentemente, membro del gabinetto del cancelliere Angela Merkel con le funzioni di consigliere e per gli affari europei, dopo aver trascorso un periodo a Bruxelles all’inizio del millennio prima alla rappresentanza permanente tedesca e, durante la convenzione sul futuro dell’Europa, fungendo da portavoce del presidente Valery Giscard d’Estaing.
Pertanto, non è pensabile che possa non essere stato a conoscenza delle regole del protocollo e delle precedenze tra i titolari delle cariche di vertice dell’Unione e che abbia potuto non tener conto della presenza ad Ankara di Ursula von der Leyen, che deve tra l’altro conoscere perfettamente da quando la stessa era ministro nei Governi guidati da Angela Merkel.
Ora, trattandosi della rappresentanza esterna dell’Unione, secondo il “Manuale della presidenza del Consiglio dell’Unione Europea”, la cui ultima edizione è del 2015, l’ordine delle precedenze prevede al primo posto il Presidente del Consiglio Europeo, al secondo quello della Commissione Europea ed al terzo l’Alto rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza. Tale ordine delle precedenze è conforme, tra l’altro a quello tra Consiglio Europeo e Commissione Europea, che figura nell’art. 13 del trattato sull’Unione Europea, dopo la modifica avvenuta con il trattato di Lisbona del 2007.
Qualche opinionista ha invocato, in senso contrario, il precedente del 2015, allorché, in occasione del G20 organizzato dalla Turchia, si tenne una bilaterale UE-Turchia e la relativa foto di famiglia vede, su tre poltrone ravvicinate, Erdogăn al centro, con alla sua destra l’allora presidente del Consiglio Europeo, Donald Tusk e, alla sua sinistra, l’allora presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker.
Ma il precedente è debole in quanto si trattava di un incontro meno formale, svolgendosi in un albergo di Antalya e non nel palazzo presidenziale di Ankara. L’altro precedente, del 2016, avvenuto in Cina, a Huangzhou, pure a margine di un G20, è altrettanto inconferente. Lo stesso Juncker, intervistato ieri telefonicamente da “Politico” ha riconosciuto che, dal punto di vista delle precedenze protocollari, il posto n° 1 spetta al presidente del Consiglio Europeo e che pure a lui è capitato di dover prendere posto su un divano, recandosi in Stati terzi con i predecessori di Michel, cioè con van Rompuy, prima, e poi con Tusk.
Il vero problema con la Turchia, che formalmente è uno Stato terzo, dal 1999 candidato all’adesione all’UE è la distanza valoriale, il mancato rispetto dei diritti umani e del rule of law nonché la posizione geopolitica nel Mediterraneo e sulla rotta di transito dei migranti. Sarebbe bene, come hanno fatto Michel e von der Leyen, concentrarsi su questi aspetti cruciali e non agitare un inesistente incidente diplomatico, che è più opportuno derubricare rapidamente ad atto di mera scortesia da parte di Erdogăn, peraltro non contrario alla menzionata regola protocollare.
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